Breve viaggio (tra sogno e realtà) alla scoperta di alcuni aspetti della Forma Antica dello Stile Yang

Sesto capitolo

Ritorniamo al tram 108 e, appena saliti, troviamo, appoggiata sul ripiano del bigliettaio, una sfera “magica” dentro cui si vede, seduto dietro una scrivania traballante coperta da una mappa delle sfere celesti, un signore dal piglio professorale che, senza neppure salutare, comincia a parlare.

<<Fino ad ora avete ascoltato eminenti colleghi parlare di Sezione Aurea, Spirale Logaritmica, Tempo, Ritmo.

Ora vi parlerò della tridimensionalità. E mi raccomando: state attenti, perché sarò breve, non mi ripeterò, e poi rotolerò via! Dunque……>>.

MOVIMENTO NELLO SPAZIO

Movimento sferico tridimensionale e movimento circolare

Come si manifesta nello spazio l’onda di propagazione del movimento interno?

Nel Taiji Quan si parla spesso di movimento circolare; ma ancora più spesso si confonde l’“idea” del cerchio con la sua manifestazione. I Classici parlano di circolarità come idea (Yi), come percezione cui riferirsi nella pratica, e per simboleggiare la continuità, la concatenazione dei movimenti senza interruzione, conformemente all’alternarsi dello Yin e dello Yang. La forma di Tai Chi Chuan è infatti composta da una infinità di movimenti che non possono essere isolati gli uni dagli altri; la fine di un movimento segna l’inizio del conseguente.

Il cerchio però è una figura geometrica bidimensionale, ma nello spazio tridimensionale la figura di riferimento è la sfera non il cerchio! Ciò significa che quando pratichiamo disegniamo sì, forse, dei cerchi perfetti, ma dimenticando la terza componente la nostra pratica della Forma 108 (e non solo) risulterà incompleta e di conseguenza vuota. Una cosa è capire cosa significhi essere sfera un’altra è esserlo veramente! Il movimento “circolare” dovrà dunque manifestarsi come movimento sferico tridimensionale, in modo che, sezionandolo in qualunque degli infiniti piani che esso attraversa troveremo, sempre una circonferenza.

Come “essere” sfera?

Partire dal proprio centro: è l’interno che muove l’esterno.
Innanzitutto, bisogna avere la precisa conoscenza e percezione del centro della sfera ovvero del nostro centro di gravità. Esso è localizzato nel Dantien inferiore, un punto all’interno del corpo situato tre centimetri al di sotto dell’ombelico e tre centimetri in profondità.
Quindi la prima cosa da fare è centralizzarsi, focalizzarsi mentalmente nel nostro Dantien, ovvero centrarsi nel proprio essere.

Avere la percezione continua della forza di gravità, e delle altre forze in gioco, nel movimento della sfera.
Collegare Terra e Cielo Essere sempre aderente al punto di contatto mantenendo pressione costante: come l’acrobata che compie il giro della morte con la moto

Nell’esecuzione della forma non ci si alza né abbassa.
Indipendentemente dalla direzione di moto della sfera e dai suoi mutamenti, la curva tracciata dal centro di gravità dovrà sempre essere parallela al piano di scorrimento, ovvero il raggio che unisce il centro e il punto di contatto dovrà rimanere costante e perpendicolare al terreno.

Mantenere l’allineamento. 
L’
asse della sfera deve essere costantemente allineato, la sfera non si deve deformare. E’ l’applicazione del Principio delle Tre Forze (centralizzarsi nel Dantien, essere radicati al terreno, portare l’energia al sincipite), oppure quello che nei Classici si intende che “la testa deve essere come sospesa a un filo, ed il coccige retroverso”; oppure sviluppare lo Zhong Ding Jing (potere dell’asse centrale).

In quarto luogo, bisogna saper distinguere bene per poterli combinare assieme due tipi di movimento compiuti dalla sfera: la traslazione dell’asse e la rotazione attorno all’asse. Durante la traslazione l’asse deve rimanere perpendicolare al terreno e non oscillare fra una posizione e l’altra. La rotazione è un moto attorno all’asse che si compie se questo non oscilla.

Mantenere il bilanciamento.
Infine, bisognerà mantenere sempre parallele fra di loro la linea del centro di gravità che parte dal Dantien e l’asse del corpo. In questo modo, il nostro corpo, potrà muoversi con estrema stabilità e potenza.

(Roberto Benetti – Neidan italia)

Una brusca frenata e la sfera, che nel frattempo sorreggevo con la mia mano destra (ma allora sono io, diventato vecchio, quello che vedo riflesso nella sfera? Impossibile! Troppi capelli!), vola via, diventa nera, di un nero lucido, rimane sospesa per aria qualche secondo e, roteando su sé stessa, schizza fuori da un finestrino aperto scomparendo tra le prime ombre della sera, mentre ancora si sente la voce del professore gridare: <<Allineamentoooo….., Bilanciamentooo…….,Rotazioooneee…….., Respiiirooo……., mi raccomaaandooo………….!>>.

Jian, per niente sorpreso, al contrario di me, da questa incredibile scena si gira verso di me dicendo: <<Bravo, il professore!  Hai capito? Il Tai Chi Chuan sembra una cosa da niente, ma se lo vuoi scoprire veramente, in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue implicazioni, se lo vuoi praticare veramente, non basterà una vita. Forse per questo è bello ed importante insegnarlo, farlo conoscere. Perché così l’allievo, se vuole, può continuare la ricerca, il percorso, il Lùjìng intrapreso dall’insegnante. E’ questo il suo bello! E’ così che il Tai Chi Chuan si perpetua: grazie a chi lo insegna e, insieme agli allievi, lo apprende!>>

Fine sesto capitolo

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